Secondo l’art.3 della Direttiva Comunitaria 97/11/CE:
“La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, […] gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: l'uomo, la fauna e la flora; il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio; i beni materiali ed il patrimonio culturale […].”
I fattori ambientali \cite{Patton_2018} vengono trattati dal punto di vista normativo nel DPCM 27/12/1988 dove, nell’Allegato 1, è presente la definizione di vegetazione, flora e fauna: “formazioni vegetali ed associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali “.  L’Allegato 2, invece, fornisce gli elementi per la caratterizzazione ed analisi delle componenti e dei fattori ambientali.
Il primo passo per la valutazione di impatto ambientale \cite{Naddeo_2013} è la caratterizzazione dello stato attuale del comparto, si passa poi alla caratterizzazione dei potenziali impatti agenti sulle componenti ambientali, si analizzano i fattori ambientali ed infine si valutano gli impatti reali e si cerca una soluzione alternativa qualora gli impatti negativi fossero troppo elevati. \cite{2014}
La necessità di tutelare piante ed animali ha trovato risposta dapprima a livello internazionale con le Convenzioni e successivamente in ambito europeo e nazionale \cite{Naddeo_2008}. La Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale del 1971, nota come Convenzione di Ramsar, è il primo vero trattato intergovernativo che mira a proteggere le zone umide per il loro valore intrinseco e non solo perché costituiscono l’habitat naturale degli uccelli acquatici. In Italia la norma è stata recepita con il DPR 448/1976, modificato poi con il DPR 184/1987.
Immediatamente successiva è la Convenzione di Washington del 1973, conosciuta con l’acronimo inglese CITES, che regola il commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione. In Italia è entrata in vigore nel 1980.
Altro importante atto normativo internazionale è la Convenzione di Bonn, ovvero la Convenzione sulla conservazione di specie migratrici di animali selvatici del 1979, in cui è presente l’elenco delle specie in pericolo e delle specie che si trovano in uno stato di conservazione sfavorevole. Tale atto è stato reso esecutivo in Italia con la Lg. 42/1983.
Come ultima, va citata la Convenzione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, firmata a Berna nel 1979. Lo scopo principale di tale atto è la conservazione della flora e della fauna selvatica e del loro habitat, ma anche promuovere la cooperazione tra gli stati e monitorare le specie in pericolo e vulnerabili. La norma è stata recepita in Italia con la Lg. 503/1981.
La disciplina dell’Unione Europea riguardante la tutela di fauna, flora e habitat naturale è contenuta in due importanti direttive \cite{Naddeo_2021}:
L’obiettivo primario della Direttiva Habitat è la creazione di una rete ecologica europea, denominata Rete Natura 2000 \cite{sandulli2014} quale principale strumento della politica dell’Unione per la conservazione della biodiversità. I siti ad essa appartenenti sono una tipologia di aree protette di valenza comunitaria sottoposte a particolari misure di conservazione per i loro contenuti di biodiversità in termini di habitat e di specie vegetali e animali. Nello specifico, rientrano tra queste le ZSC (Zone Speciali di Conservazione) e i SIC (Siti di Importanza Comunitaria) individuati dalla Direttiva Habitat e le ZPS (Zone di Protezione Speciale) definite dalla Direttiva Uccelli.
Le ZSC sono zone di importanza comunitaria in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino degli habitat naturali e/o delle specie animali e vegetali; i SIC, inoltre, contribuiscono in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nelle regioni biogeografiche; le ZPS, infine, sono designate come territori più idonei alla conservazione delle specie di avifauna elencate nell’Allegato 1 della Direttiva Uccelli.