In particolare è necessario andare a caratterizzare il comportamento di quello strato di atmosfera a diretto contatto col suolo (detto strato limite planetario) caratterizzato da connotazioni chimico-fisiche tali da confinare entro i suoi limiti tutto la dispersione delle emissioni provenienti dal suolo. Sulla base delle caratteristiche di emissione e dei fattori meteorologici, un modello di dispersione può essere utilizzato per prevedere le concentrazione nello spazio di una sostanza emessa da una sorgente a patto che si riesca a modellare lo strato limite planetario. Questi modelli possono avere come base teorica un differente approccio nel considerare lo spostamento delle particelle nello spazio: E’ possibile adottare per lo studio di queste un approccio Euleriano che fissa un sistema di riferimento entro cui la posizione della particella viene individuata oppure un approccio Lagrangiano in cui si segue la particella nel suo movimento. Entrambi gli approcci non sono integralmente adottabili senza apportare delle semplificazioni al sistema di equazioni differenziali che governano il fenomeno fluidodinamico per via delle difficoltà nel caratterizzare lo sviluppo della turbolenza. Per rendere trattabile il problema si è optato per un’integrazione numerica su un numero ridotto di equazioni differenziali e approssimare le rimanenti. Un contributo notevole alla modellazione proviene dalla Teoria della similarità che tramite la processione di una enorme quantità di dati ricavati dalla registrazione delle condizioni atmosferiche nel tempo è riuscita a dare una forma semi-empirica ai fenomeni fisici dello strato atmosferico più superficiale e ricavare quindi relazioni di validità generale che mettono il profilo verticale delle principali variabili di interesse in funzione della quota e dei parametri della turbolenza. Attraverso queste è stato possibile creare dei modelli più semplici e pratici a patto di fare i conti con forti limitazioni dovute alle iniziali ipotesi semplificative. Tali limiti consentono l'applicazione solo in situazioni di forte omogeneità superficiale (zone pianeggianti), omogeneità di copertura e un’evoluzione dei fenomeni turbolenti quasi stazionario. Un ulteriore passo per affrontare la modellazione del fenomeno è descrivere la forma con cui un'emissione si disperde in atmosfera. In genere le forme più semplici sono il puff, concepito come singolo sbuffo di gas emesso, e il plume, il classico pennacchio delle ciminiere. Nel tempo è stato osservato un comportamento ricorrente di queste forme di emissioni nelle diverse condizioni atmosferiche che ne ha permesso la schematizzazione. Una delle semplificazioni più importanti tuttavia è quella che adottano i cosiddetti modelli stazionari i quali considerano i fenomeni atmosferici (e quindi turbolenti) come costanti e inalterati in un intervallo di tempo tale da rendere rappresentativa la stima del valor medio dei valori. Uno dei modelli più famosi tra i tanti prodotti grazie a questa semplificazione, nonché uno dei più utilizzati per i fini ingegneristici, è il modello stazionario Gaussiano, che fa una serie di ipotesi semplificative molto limitanti, tra cui le più incisive sono la superficie piana e la stazionarietà dei fenomeni atmosferici \cite{aria}
Caso Studio