Al fine di dimensionare il processo di biosparging è necessario fare studi pilota. In questo modo, in funzione del raggio di influenza (massima distanza alla quale il flusso d’aria arriva e favorisce la biodegradazione) si determina il numero di punti in cui iniettare l’aria, la sua portata e la sua pressione. È poi necessario definire l’orientamento e il posizionamento dei pozzi, il tipo di tubazioni per l’aria compressa, i compressori e l’attrezzatura per il controllo e il monitoraggio. In questo caso, le iniezioni sono state effettuate sia in verticale attraverso tubi piezometrici micro-fessurati distanziati l’un l’altro di 10 m, sia in orizzontale (ad un metro di profondità) in corrispondenza della zona con maggiore concentrazione di inquinanti. In particolare, sono stati utilizzati 50 Kg di bioattivatore con 130 Kg di nutrienti nei piezometri verticali e 20 Kg di bioattivatore con 60 Kg di nutrienti nei tubi orizzontali. Negli stessi piezometri, è stata iniettata aria a bassa pressione (1 bar) tramite una soffiante.
Nella fase di start-up è fondamentale valutare la profondità della falda, la pressione e i livelli di ossigeno disciolti per accertarsi che le condizioni siamo ottimali. Successivamente, bisogna monitorare settimanalmente i livelli dei contaminanti e quelli dell’ossigeno per valutare l’efficienza del processo ed arrivare alle concentrazioni desiderate. Nel caso specifico, si sono eseguiti controlli dopo 30, 90 e 180 giorni dall’inoculo sia nella matrice suolo e sottosuolo che nella falda. Una volta rientrati nei valori delle Csc, si è proceduti al collaudo finale ed al monitoraggio semestrale (per una durata totale di 24 mesi) per valutare la conformità degli obiettivi di bonifica.