Il legante utilizzato per il processo di S/S ex situ è una nuova sostanza sviluppata dagli stessi autori del trattamento chiamata SPC, un superfosfato e ossido di calcio a base di idrossiapatite la cui formula chimica è la seguente Ca 10 (PO 4 )6 (OH)2 , HA. L’idrossiapatite è un minerale presente in natura che ha ottime capacità di adsorbimento per vari inquinanti organici. La miscela di legante è stata preparata unendo polveri di superfosfato e ossido di calcio in proporzione 3:1, ottenendo un contenuto legante dell’8% in peso.  

Procedura di trattamento ex situ e test effettuati

La procedura di trattamento consta di due fasi: pretrattamento del suolo e trattamento vero e proprio ex situ. Con il pretrattamento del suolo il terreno viene scavato e accumulato nei pressi dell’area sperimentale, sempre all’interno del sito contaminato. Tale terreno verrà poi ricollocato dopo il trattamento. Il terreno viene frantumato e setacciato e un campione di questo sottoposto ad una prova Proctor per ottenere la curva di compattazione del terreno: infatti, facendo variare la percentuale di acqua all’interno del campione si è ottenuto che il massimo valore della densità del terreno stabilizzato con SPC all’8% in peso è pari a 1,67 g/cm3 a cui corrisponde un contenuto di acqua ottimale del 18%. Quindi il terreno contaminato è stato fatto asciugare all’aria fino al raggiungimento di questo valore ottimale di umidità.
Il trattamento con SPC è cominciato successivamente a questa fase miscelando il terreno con il legante SPC mediante un escavatore e un secchio screener frantoio per garantire che la miscelazione fosse omogenea. Di seguito è stato prelevato un campione di terreno omogeneo e stabilizzato ed è stato disteso con uno spessore di 40 cm sul suolo, mediante un bulldozer. Ciò ha consentito di effettuare una serie di test pilota per determinare lo spessore dello strato compattato (in questo caso 30 cm) mediante un rullo vibrante, nonché il numero di passaggi minimo (in questo caso 6) per ottenere tale spessore. Questo stesso processo è stato ripetuto nella fossa scavata fino a costruire nove strati sovrapposti di terreno stabilizzato e compattato, il quale è stato opportunamente coperto con fogli di plastica impermeabili prima di eseguire i vari test.
I test effettuati si articolano in una serie di prove sul campo e di laboratorio, grazie al prelievo di campioni in situ, utili a comprendere l’esito e l’efficacia del trattamento:
·         Misura della conducibilità elettrica (CE)
·         Test di lisciviazione dei metalli pesanti
·         Test di lisciviazione della sostanza organica (misura del COD)
·         Prova SPT (penetrometro a cono dinamico)
·         Test di capacità di neutralizzazione dell’acido (ANC)
·         Test sulla speciazione dei metalli pesanti (SEP)
·         Test di diffrazione a raggi X (XRD)
L’intera prova è durata 256 giorni. Tali test sono stati eseguiti prima del trattamento, al giorno 33 di maturazione della miscela di leganti e al giorno 256 di maturazione (giorno finale della prova).

Risultati dei test

Durante tutto l'arco di tempo della prova sono stati misurati i valori di temperatura e umidità, che comunque influiscono sull'indurimento della miscela. In particolare, i valori medi di temperatura sono variati da -7 a 25°C, mentre il valore medio dell'umidità si è attestato intorno al 59%. 
La misura della conducibilità elettrica è stata utilizzata per valutare il contenuto di sali solubili nel suolo. Dai risultati ottenuti si evince una notevole riduzione della conducibilità e quindi di sali solubili per il suolo trattato rispetto a quello prima del trattamento. Infatti, si passa da valori di 0,20-0,27 mS/mm a valori di 0,08-0,2 mS/mm.
Sono state eseguite due tipologie di test di lisciviazione: il test TCLP, normalmente eseguito per valutare le prestazioni del trattamento S/S e una procedura cinese detta HJT. Da entrambi i test si evince che anche per la lisciviazione dei metalli pesanti tale tecnica è risulta efficace in quanto i valori della concentrazione dei metalli (Pb, Zn e Cd) per i terreni trattati si attestano al di sotto dei valori limite che risultano differenti tra i due i test, in quanto fanno riferimento a due standard normativi nazionali differenti. Per il test TCLP i valori limite sono: 5 mg/l per il Pb, 100 mg/l per lo Zn e 1 mg/l per il Cd. Per il test HJT i valori limite sono: 0,1 mg/l per il Pb, 2mg/l per lo Zn e 0,01 mg/l per il Cd.  
La misura del COD è stata effettuata sulla base della procedura di lisciviazione HJT. Anche per questo test si è ottenuto un risultato positivo, con valori di COD per i terreni trattati al di sotto dei limiti normativi di 40 mg/l. Queste variazioni di COD sono dovute a due meccanismi:
  1. Formazione di idrossiapatite (HA) in terreni stabilizzati con SPC, la quale è capace di assorbire sostanze organiche come proteine, carboidrati e lipidi contenuti in grande quantità nelle acque reflue domestiche.
  2. La presenza di questo legante a base di fosfato e idrossiapatite riduce l’ecotossicità del terreno e migliora il tasso di sopravvivenza dei batteri in grado decomporre i composti organici.
I risultati della prova SPT vanno letti in relazione a due parametri: l’indice di penetrazione a cono dinamico (DCPI), valutato come rapporto tra la profondità di penetrazione espressa in mm e il numero di colpi corrispondente; la resistenza alla penetrazione del suolo Rs valutata con la seguente relazione, Rs = Ws/Pd in cui Ws, il lavoro svolto dal terreno, è pari al prodotto tra la massa del martello standard (m = 8 kg), accelerazione di gravità (g = 9,81 m/s2) e la distanza di caduta del martello (h = 575 mm), infine Pd è la distanza percorsa dal penetrometro espressa in mm. Dai risultati si evince che tale tecnica di trattamento fornisce migliori caratteristiche meccaniche al terreno stabilizzato, facendo registrare minori valori dell’indice di penetrazione (DCPI) e maggiori valori di resistenza alla penetrazione (Rs) del terreno sottoposto a trattamento rispetto al terreno non trattato. Per il DCPI i valori passano da un range di 4,06-29,17 mm / colpo a un range di 2,94-5,35 mm / colpo nel giorno di fine della prova. Per Ri valori passano da un valore medio di 5,14 kN ad un valore medio di 10,47 kN nel giorno di fine prova.  
I risultati sulla capacità di neutralizzazione dell'acido vanno interpretati in base alla variazione di un parametro β che è proprio la capacità di neutralizzazione degli acidi (ANC), in funzione del pH. Anche questi risultati risultano positivi, ovvero tale tecnologia di trattamento fa registrare valori più elevati del parametro β per i terreni stabilizzati rispetto a quelli contaminati. Ciò significa che è presente una maggiore resistenza all’attacco di sostanze acide. 
I risultati sul test di speciazione dei metalli pesanti confermano quelli relativi alla lisciviazione dei metalli pesanti. Infatti, dai valori ottenuti si osserva che il trattamento con SPC ex situ riesce a  trasformare grandi quantità di metalli pesanti da frazione solubile in acido a frazione residua.
Infine è stato effettuato il test di diffrazione a raggi X. Il risultato di questo test è un diffrattogramma in cui i picchi identificati ogni 2θ, in cui θ è l’angolo di inclinazione dei raggi X, testimoniano la formazione di minerali contenenti metalli pesanti. Nei terreni stabilizzati questi picchi sono più numerosi rispetto al terreno non trattato, a conferma dell’efficacia del trattamento con SPC nell’immobilizzazione dei metalli pesanti. 
Parallelamente a questo studio, il team di ricerca ha condotto un ulteriore studio sul campo nello stesso anno \cite{Xia_2019a} all’interno dello stesso sito contaminato di cui si è discusso in precedenza adottando lo stesso legante (SPC), ma conducendo la prova con una tecnologia in situ mediante la tecnica a trivellazione. Anche in questo caso i risultati sono positivi e in linea con quelli di laboratorio.    

Conclusioni

Il trattamento di suoli contaminati mediante un processo di bonifica di solidificazione/stabilizzazione risulta un valido strumento di gestione del rischio di contaminazione delle matrici ambientali. L’analisi costi-benefici volge, nella maggior parte dei casi, a favore dei trattamenti ex situ rispetto a quelli in situ. Tuttavia, risulta comunque necessario valutare caso per caso la scelta della tecnologia da adottare ogni qualvolta si riscontri un problema di contaminazione del suolo. In merito ciò alcuni dati stimano che i costi per i trattamenti di solidificazione/stabilizzazione passano dai 60-100 €/m3 per una tecnologia in situ ai 60-200 €-m3 per quella ex situ. Il caso studio analizzato discute della procedura di trattamento di un suolo contaminato da metalli pesanti e sostanza organica mediante una tecnologia ex situ che utilizza come legante un superfosfato e ossido di calcio a base di idrossiapatite, definito SPC. I risultati sono positivi ai fini del trattamento di immobilizzazione: infatti non solo risulta minore la lisciviabilità dei metalli pesanti e la concentrazione di sostanza organica in termini di COD, ma risultano anche migliorate le caratteristiche meccaniche del terreno in termini di resistenza alla penetrazione.